domenica 27 marzo 2011

Riviste e categorie di audiofili

Riviste specializzate, ne ho acquistate e lette moltissime. 
All’ inizio leggevo Stereoplay, poi aggiunsi anche Hifi musica e Suono.Morta Hifi musica, uscì in edicola Hifi e in seguito Superstereo, infine nel 1981 Audioreview. Dopo diversi anni e decessi di riviste, nacque Fedeltà
del Suono e poi Stereo. Oggi le riviste rimaste sono tre, e quella che compro qualche volta, in particolare le sue guide, è Fedeltà del Suono.
Ciò che è rimasto si contende un mercato di poche decine di migliaia di affezionati, un numero irrisorio rispetto alle vendite della fine anni ‘70 primi ‘80, quando le tirature delle riviste superavano, per talune, 120.000 copie e potevano aprire anche uffici all‘estero.
L’hifi è ormai una passione di nicchia. E’ un mercato che è stato distrutto sia dalle riviste che dai distributori e rivenditori di apparecchi.
La sbornia hifi, ha visto costruttori sparire dopo pochi anni di attività. Riviste che pubblicizzavano e provavano prodotti, anche di scarsa qualità, ma dal rapporto qualità/prezzo sempre strepitoso. Era un mercato fatto di tanti zeri dopo la virgola, privo di distorsioni ma povero di suono.
 I grandi marchi giapponesi che avevano competenze tecnologiche enormi e bassi costi produttivi, durante l’anno potevano cambiare anche due volte i propri apparecchi in listino, o meglio ne cambiavano la sigla e l’aspetto estetico. Coloro che si salvavano da questo turbinio di cambiamenti erano pochi nomi tra cui Accuphase, Denon, Luxman, Stax e pochi altri.
Tutte le riviste non facevano che mietere elogi degli apparecchi in prova, i rivenditori vendevano hifi come se fosse prosciutto non garantendo un minimo di assistenza. Se un amplificatore smetteva di funzionare era meglio buttarlo e comprarne uno nuovo, certamente molto ma molto meglio del precedente, perché con meno distorsione o accoppiato in DC.
Funzionava cosi’, un po’ come oggi quando si tratta di computer o televisori. 
Dopo l’indigestione dei numeri, qualcuno cominciò a parlare di suono e così questo mondo si divise tra “ascoltoni” e i “misuroni”. I primi davano credito solo all’ascolto, i secondi ritenevano le misure e i dati fondamentali per un buon suono.
Ricordo un vecchio numero di SUONO dove si parlava estremamente bene di un integrato JVC con misure eccellenti e male di un preamplificatore Quad con pessimo risultato relativamente alle distorsioni. Peccato che il JVC, dopo un anno, sia scomparso dal listino e che il QUAD vi sia rimasto più di dieci anni: probabilmente gli acquirenti (e ancora felici possessori) hanno valutato che il suono dell’inglesino non sia stato molto male.
 
Con gli ascoltoni fecero la loro apparizione anche i “guru”, per i quali tutto ciò che era costruito in Giappone aveva un suono scarso, mentre ciò che era prodotto in Inghilterra o negli USA era eccellente. Guru che partivano dall’assioma che un impianto hifi deve costare per suonare bene (con tutto lo strascico dell’hifi end), gli stessi che per ascoltare una catena audio usavano gli accessori più allucinanti, gli accorgimenti più ingegnosi, e tutti col comune denominatore di essere piuttosto costosi. Ascoltare un impianto era quasi una esperienza mistica.
 
I tempi sono un po’ cambiati ed oggi misuroni ed ascoltoni hanno fatto pace e convivono abbastanza felicemente, forse anche perché il mercato si è fortemente ridotto.
In ogni modo per gli ascoltoni il rapporto qualità/prezzo è un indice di scarsa rilevanza.
Dire che un oggetto da 10.000 euro ed oltre ha un prezzo competitivo per come suona, è un' offesa al buon gusto e alla sensibilità della gente. E’ sufficiente dire “suona bene” (vorrei vedere…..) e con questo evitare inutili sproloqui, anche perché, sia chiaro, l’ascolto è legato a sfumature, poichè anche il medesimo oggetto da 500 euro riproduce la musica e la porge sicuramente in maniera differente, ma la sua funzione la svolge.
 

Nessun commento:

Posta un commento