Il braccio ha la funzione di far leggere al meglio la testina e quindi è indispensabile che sia ben progettato e realizzato. L’articolazione è generalmente a cuscinetti a sfera o unipivot ed è costruito normalmente in lega di alluminio o carbonio, materiali che garantiscono una buona rigidità e bassa risonanza.
Per combattere la forza centripeta che si manifesta quando la puntina legge i solchi del disco, il braccio è fornito di antiskating che può essere a molla, a peso e raramente magnetico. La forma del braccio oggi è quasi sempre dritta, alcuni sono a S e rarissimi sono a J. Ne esistono anche di tangenziali che hanno il pregio di avere un errore radiale di lettura teoricamente assente e spesso sono privi di antiskating, poichè la testina è inserita in una specie di slitta perpendicolare al disco e ne segue il raggio durante la lettura.
I santoni dell’hifi hanno ripetuto per anni e anni che il portatestina deve essere integrato nel braccio dove la testina deve essere fissata direttamente, in quanto il vecchio attacco EIA produce delle risonanze. Fortunatamente, dopo anni di sussiego a questa parola d’ordine, alcuni produttori hanno ricominciato a proporre questo componente con attacco EIA, per la felicità di un popolo che si era veramente rotto le palle di pagliuzze (in cui inserire i terminali delle testine) dissaldate, saldate scorrettamente o con i fili elettrici spezzati.
Negli anni ’70 e primi ’80 i bracci erano quasi tutti ad S (facevano eccezione quelli montati sui Dual e sui Thorens), successivamente e fino alla metà del primo decennio del 2000 divennero quasi tutti dritti, e oggi cominciano a riapparire quelli ad S.
Tra la metà degli anni 70 e la metà degli 80, era bene che il braccio fosse di massa leggera come lo SME III series, poi cambiarono i gusti e l’esigenza divenne la pesantezza.Oggi, è bene che abbia una massa tra i 9 e i 12 grammi. Siamo soggetti alla moda e schiavi delle parole di qualche guru imbonitore.
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